Lo so, gli scout che passeranno di qui penseranno "guarda che non ti sei inventata niente...copiona" e avranno ragione, ma quancuno diceva che il miglior modo per imparare è copiare e se qualcuno ha avuto una buona idea perchè non farne tesoro invece di affannarsi ad inventare ed essere originali si può imparare.
Ascoltare il ragazzo è infatti uno degli elementi caratterizzanti del metodo educativo scout, che non approfondirò perchè questa non è una sessione da campo di formazione ma è la mia riflessione e rielaborazione, come madre, di un metodo educativo che mi ha dato tanto, sia negli anni da educanda che in quelli da educatrice.
Non ho un titolo di studio legato all'educazione (che tra l'altro sto pensando di rimettermi a studiare ma lo stress da esami mi lascia titubante) ma sono dieci anni che mi occupo per vocazione e servizio di educazione. Da quando sono diventata mamma ho cominciato a spaziare e ad interessarmi di altri metodi, come quello montessoriano e steineriano e pensare che il primo libro che ho comprato è stato "Fate la nanna", che ovviamente non ho applicato perchè l' "ask the baby" insito in me ha fortunantamente avuto la meglio e se pure con un pò di fatica Matteo acquisisce sempre più autonomia, nella nanna e non solo (del sonno di Matteo, ma anche nostro, avevo parlato qui).
Chiedere al bambino però presuppone l'ascolto, l'osservazione dei messaggi non verbali, l'attenzione ai suoi sentimenti, soprattutto aiutandolo ad esprimerli, lasciandolo libero di farlo senza giudizi e pregiudizi. Insomma una passeggiata, no?
Quando aspettavamo Matteo abbiamo ribattezzato il metodo Estivil in "teoria dell'abbandono", dandogli perfino un'accezione positiva, eravamo convinti che, pur osservandolo e restando a disposizione, avremmo dovuto lasciarlo solo per permettergli di imparare a contare su se stesso ed a credere nelle sue capacità in autonomia.
Col passare del tempo però ci siamo accorti che questo era il nostro punto di vista ed abbiamo provato a cambiare prospettiva guardando il mondo con gli occhi del bambino, così ci siamo immedesimati nella sua venuta al mondo e la sensazione è stata "ODDIO! E CHE E'!! luce, freddo, contatto, aria....AIUTOOOO.....!!!" Il bambino viene al mondo e non sa neanche di averlo fatto, non sa di essere un essere umano, non sa di essere altro dalla madre e non sa gestire le sensazioni che prova. Piange perchè è l'unica cosa che riesce a fare e non lo fa per qualche subdola macchinazione o per avere il potere su di noi, lo fa in maniera spontanea, poi capisce che può essere un modo per esprimere un malessere e ricevere conforto, ma POI e comunque non per capriccio (come dicevo anche qui), almeno nel senso comune del termine.
Ama i genitori e ne ha bisogno perchè la prima cosa che impara a comprendere è proprio l'amore (oltre ai bisogni primari, come se poi l'amore non lo fosse, va be niente digressioni infinite) e questo diventa il primo canale di comunicazione, che non bisogna tradire. A questo proposito vorrei parlarvi di Intelligenza Emotiva e dell'importanza che ha nel processo di formazione e di apprendimento del bambino, ma vi rimando a questo articolo sulla pedagogia montessoriana. Per me è stato illuminante perchè rappresenta quasi perfettamente la strada che mi piacerebbe percorrere con mio figlio e mi ha mostrato parte degli errori che rischio di compiere in buona fede.
Oltre all'ascolto, c'è un'altra cosa in cui crediamo fermamente, l'autoeducazione, mutuata sempre dal metodo scout, ma non crediate che a casa abbiamo riprodotto in piccolo lo stesso ambiente, si tratta solo di prendere alcuni concetti per noi validi ed utili per dare un nome ad alcune cose che facciamo comunque in maniera istintiva (anche se correggere l'istinto con la conoscenza, quando possibile non credo sia un male).
Noi per autoeducazione intendiamo l'imparare facendo, sperimentare, osservare il mondo intorno e comprendere che le proprie azioni hanno delle conseguenze, talvolta inattese. Mi riferisco sia a cose concrete come il forno acceso scotta (allora prima che scotti troppo lascio che avvicini lentamente la mano, così sente il calore ed è lui a ritirarla prima del contatto. Questo lo aiuta anche a fidarsi di me se gli dico che una cosa è pericolosa mi crede anche se non gli permetto di farla. ad esempio se vuole mettere le dita bagnate nella presa), sia a cose relative alla sfera emotiva, ad esempio il cuginetto piccolo piange se gli fai la tigre allora fai piano o pensa ad un altro gioco da fare insieme.
Lasciare che il bambino cresca libero di imparare dalla vita e dai propri errori non vuol dire che il genitore è tagliato fuori, anzi ha il ruolo fondamentale di guida che, fungendo da modello da imitare (anche nelle cose pratiche come lavarsi i denti, mettere in ordine ecc), propone la scoperta graduale anche attraverso il "gesto interrotto", cioè un'azione iniziata dall'adulto ma conclusa dal bambino secondo il suo schema e le sue inclinazioni. Anche in questo caso presupposto fondamentale è l'ascolto ed il rispetto di tempi e modi del bambino, che non necessariamente devono essere simili ai nostri. Insomma, una volta che il bambino crescendo capisce di essere altro dalla madre è il caso che anche la madre capisca che il bambino è altro da se e che i loro interessi ed i loro percorsi mentali non è detto che coincidano, anzi spesso saranno divergenti, proprio perchè la strada del bambino è quella verso l'autoaffermazione.
Grande ispirazione ce l'ha data anche Maria Montessori e anche se la nostra casa non è proprio una "casa dei bambini", è una casa di tutta la famiglia, dove il nido è solo un trampolino di lancio ed il bambino assomiglia tanto al "Cipì" di Mario Lodi.
A questo proposito mi viene in mente che la scuola della prima infanzia da noi si chiama "nido", immagine che evoca raccoglimento e protezione, mentre in Germania (abbiamo una zia tedesca e maestra d'asilo quindi potete immaginare le chiacchierate in proposito) si chiama "giardino d'infanzia", immagine che evoca spazio e equipara il ruolo dell'insegnante a quello del giardiniere che coltiva i fiori ma che non può trasformare una rosa in un tulipano.
Ma questo è un'altro post...
Ascoltare il ragazzo è infatti uno degli elementi caratterizzanti del metodo educativo scout, che non approfondirò perchè questa non è una sessione da campo di formazione ma è la mia riflessione e rielaborazione, come madre, di un metodo educativo che mi ha dato tanto, sia negli anni da educanda che in quelli da educatrice.
Non ho un titolo di studio legato all'educazione (che tra l'altro sto pensando di rimettermi a studiare ma lo stress da esami mi lascia titubante) ma sono dieci anni che mi occupo per vocazione e servizio di educazione. Da quando sono diventata mamma ho cominciato a spaziare e ad interessarmi di altri metodi, come quello montessoriano e steineriano e pensare che il primo libro che ho comprato è stato "Fate la nanna", che ovviamente non ho applicato perchè l' "ask the baby" insito in me ha fortunantamente avuto la meglio e se pure con un pò di fatica Matteo acquisisce sempre più autonomia, nella nanna e non solo (del sonno di Matteo, ma anche nostro, avevo parlato qui).
Chiedere al bambino però presuppone l'ascolto, l'osservazione dei messaggi non verbali, l'attenzione ai suoi sentimenti, soprattutto aiutandolo ad esprimerli, lasciandolo libero di farlo senza giudizi e pregiudizi. Insomma una passeggiata, no?
Quando aspettavamo Matteo abbiamo ribattezzato il metodo Estivil in "teoria dell'abbandono", dandogli perfino un'accezione positiva, eravamo convinti che, pur osservandolo e restando a disposizione, avremmo dovuto lasciarlo solo per permettergli di imparare a contare su se stesso ed a credere nelle sue capacità in autonomia.
Col passare del tempo però ci siamo accorti che questo era il nostro punto di vista ed abbiamo provato a cambiare prospettiva guardando il mondo con gli occhi del bambino, così ci siamo immedesimati nella sua venuta al mondo e la sensazione è stata "ODDIO! E CHE E'!! luce, freddo, contatto, aria....AIUTOOOO.....!!!" Il bambino viene al mondo e non sa neanche di averlo fatto, non sa di essere un essere umano, non sa di essere altro dalla madre e non sa gestire le sensazioni che prova. Piange perchè è l'unica cosa che riesce a fare e non lo fa per qualche subdola macchinazione o per avere il potere su di noi, lo fa in maniera spontanea, poi capisce che può essere un modo per esprimere un malessere e ricevere conforto, ma POI e comunque non per capriccio (come dicevo anche qui), almeno nel senso comune del termine.
Ama i genitori e ne ha bisogno perchè la prima cosa che impara a comprendere è proprio l'amore (oltre ai bisogni primari, come se poi l'amore non lo fosse, va be niente digressioni infinite) e questo diventa il primo canale di comunicazione, che non bisogna tradire. A questo proposito vorrei parlarvi di Intelligenza Emotiva e dell'importanza che ha nel processo di formazione e di apprendimento del bambino, ma vi rimando a questo articolo sulla pedagogia montessoriana. Per me è stato illuminante perchè rappresenta quasi perfettamente la strada che mi piacerebbe percorrere con mio figlio e mi ha mostrato parte degli errori che rischio di compiere in buona fede.
Oltre all'ascolto, c'è un'altra cosa in cui crediamo fermamente, l'autoeducazione, mutuata sempre dal metodo scout, ma non crediate che a casa abbiamo riprodotto in piccolo lo stesso ambiente, si tratta solo di prendere alcuni concetti per noi validi ed utili per dare un nome ad alcune cose che facciamo comunque in maniera istintiva (anche se correggere l'istinto con la conoscenza, quando possibile non credo sia un male).
Noi per autoeducazione intendiamo l'imparare facendo, sperimentare, osservare il mondo intorno e comprendere che le proprie azioni hanno delle conseguenze, talvolta inattese. Mi riferisco sia a cose concrete come il forno acceso scotta (allora prima che scotti troppo lascio che avvicini lentamente la mano, così sente il calore ed è lui a ritirarla prima del contatto. Questo lo aiuta anche a fidarsi di me se gli dico che una cosa è pericolosa mi crede anche se non gli permetto di farla. ad esempio se vuole mettere le dita bagnate nella presa), sia a cose relative alla sfera emotiva, ad esempio il cuginetto piccolo piange se gli fai la tigre allora fai piano o pensa ad un altro gioco da fare insieme.
Lasciare che il bambino cresca libero di imparare dalla vita e dai propri errori non vuol dire che il genitore è tagliato fuori, anzi ha il ruolo fondamentale di guida che, fungendo da modello da imitare (anche nelle cose pratiche come lavarsi i denti, mettere in ordine ecc), propone la scoperta graduale anche attraverso il "gesto interrotto", cioè un'azione iniziata dall'adulto ma conclusa dal bambino secondo il suo schema e le sue inclinazioni. Anche in questo caso presupposto fondamentale è l'ascolto ed il rispetto di tempi e modi del bambino, che non necessariamente devono essere simili ai nostri. Insomma, una volta che il bambino crescendo capisce di essere altro dalla madre è il caso che anche la madre capisca che il bambino è altro da se e che i loro interessi ed i loro percorsi mentali non è detto che coincidano, anzi spesso saranno divergenti, proprio perchè la strada del bambino è quella verso l'autoaffermazione.
Grande ispirazione ce l'ha data anche Maria Montessori e anche se la nostra casa non è proprio una "casa dei bambini", è una casa di tutta la famiglia, dove il nido è solo un trampolino di lancio ed il bambino assomiglia tanto al "Cipì" di Mario Lodi.
A questo proposito mi viene in mente che la scuola della prima infanzia da noi si chiama "nido", immagine che evoca raccoglimento e protezione, mentre in Germania (abbiamo una zia tedesca e maestra d'asilo quindi potete immaginare le chiacchierate in proposito) si chiama "giardino d'infanzia", immagine che evoca spazio e equipara il ruolo dell'insegnante a quello del giardiniere che coltiva i fiori ma che non può trasformare una rosa in un tulipano.
Ma questo è un'altro post...
io penso che "copiare" a fin di bene sia sempre positivo.... mi piace questo post riflessivo....grazie per gli auguri...ricambio con affetto...
RispondiEliminamolto bello questo post e molto interessante, lo condivido parecchio!
RispondiEliminaNon so come commentare in modo meritevole e degno... questo tuo post è da stampare.. sarebbe un dono perfetto per ogni neo-mamma
RispondiEliminaGrazie per queste riflessioni!
anch'io condivido molto ciò che scrivi... sia a livello professionale che materno :)
RispondiEliminacomunque la Montessori era troooooooppo avanti!!! ;)
grazie...
RispondiEliminaCondivido tutto, ma proprio tutto, anche il commento di Marikajolie, questo post è un dono perfetto per ogni neo-mamma!!!!!!
RispondiEliminaGrazie a voi per i mille spunti che mi date. Ci credo tanto nell'educare dando fiducia e credo che faccia bene anche a chi entra in contatto con i nostri bambini che spero guardino al mondo sempre col sorriso
RispondiEliminabello questo post...condivido in pieno!!! Se non ho capito male anche tu sei una mamma scout...io l'ho lasciato un pò di tempo fa ma ora che sono mamma mi accorgo che il modello educativo lo porti dentro!! Da adesso sono tra i tuoi followers!! Ciao Viola.
RispondiEliminaCiao Viola! si, anch'io scout da una vita, ho lasciato da qualche anno ma mi manca il servizio con i ragazzi, spero di riprendere prima o poi. E' vero, se ci credi certe cose ti restano dentro, non solo con i figli, ma nel tuo "stile" di vita ;)
RispondiEliminaBuona strada!
vengo a trovarti sul tuo blog.
Spero anch'io di riuscire a essere prima o poi una madre così. E spero che il buon BP mi dia una mano!!! Buona strada.
RispondiEliminaBello, siamo in sintonia, ho usato un titolo simile :) Jessica
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